· 

"MAI PIU' COME PRIMA? " (di Baldini Stefania)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mai più come prima?

Un paio di giorni fa mi sono trovata per la prima volta dopo molti mesi a vedermi allungare una mano, che chiedeva, ed era pronta a dare, una stretta spontanea e sorridente. Andava a suggellare una bella giornata, in cui quella mano, insieme alla voce di quella persona –l’istruttore-, aveva aiutato un mio giovanissimo amico ad imparare come fare le sue prime discese downhill. Una mano estranea, ma complice in quest’’avventura, che nutriva e si nutriva di tanto desiderio, entusiasmo, emozione e amicizia, visto che era un regalo al piccolo adrenalinico aspirante allievo. 

Ho allungato la mia e magicamente ho trovato la stretta, il contatto.

Fino a poco prima avevo cautamente tenuto la distanza al tavolo dove avevamo chiacchierato dieci minuti, parlando anche della tragedia che ha investito questa città, e quella stessa persona, direttamente, pur in modo lieve. 

Mi/ci sembrava opportuna una distanza di sicurezza. 

Eppure in un attimo il saluto e la spontaneità di quella mano che si avvicinava ha portato via con forza ogni prudenza, ogni distanza. 

Il distanziamento sociale si frantuma in una stretta di mano. Non mi è mai piaciuta questa denominazione della necessaria prudenza. 

Ho pensato subito, che era la prima volta. La prima volta che ricontattavo il contatto. 

E un’insopportabile ambivalenza ha graffiato per un attimo il mio piacere della riscoperta. Nebbia umida e appiccicosa, travestimento del timore e della colpa, ha offuscato la mia libertà di sentire la mancanza del con-tatto. Mentre un guizzo insolente e sorridente di stupore riguardava quel “banale” gesto avverarsi. 

Impudentemente colpevole. 

Una persona come me, che ama un buon grado di solitudine, il suo spazio vitale, pur non disdegnando, certo, la buona compagnia di tanto in tanto, ha sentito il sollievo di un tocco estraneo; non del tocco in sé, non della persona, ma della fiducia, del desiderio di fidarsi. 

Quante volte ho sentito bellissimi adolescenti ripetere che non si può fidarsi, che è difficile, che lo desiderano ma è un problema, fidarsi

Riflettevo su questo e altre parole sentite: “”per fortuna c’è la mascherina perché ho il viso pieno di foruncoli guardi, dottoressa…”"

Protetti dall’’invisibile dietro una maschera, e riparati dietro distanziamenti autorizzati, necessari.

Vittime dell’’invisibilità dietro una maschera, e inquieti dietro distanziamenti sofferti.

Questi giorni d’estate, in cui ci si è riappropriati del movimento, del dovere e del piacere, ma con regole che non consentono di dimenticare che siamo tutti uguali davanti al rischio, che cosa dicono?

Trovano forse meno sbilanciati coloro che il baricentro già l’avevano, coloro i quali possono soffrire profondamente, ma tollerare la frustrazione della mancanza, della distanza… chi si guarda e si vede riflesso nello specchio, con un po’ più di esperienza di sè e meno fatalismo, con un po’ più senso di essere parte di qualcosa anche quando non la si può toccare

Il quadro è più confuso per molti. Per chi da sempre si guarda e si vede riflesso nello specchio dell’’altro, ammirato o criticato

Per chi è costretto, nell’’esistere, da un’immagine di sé

 Chi la mancanza la sente nel proprio giardino interiore, in cui cammina da solo, e/o, intollerante di ogni frustrazione, la maschera la porta da sempre

e/o la teme da sempre. Ed è necessario vivere tutto quello che l’altro ci può dire di noi, a qualunque costo, a qualunque rischio, in un’epoca in cui il timone spesso punta dove spinge il remo, e non viceversa

.e non è chiaro nel fluire degli attimi, off & on line (dove peraltro la distanza è invalutabile ma crea ologrammi perfettamente riconoscibili, “liberi” da qualsiasi vincolo di protezione sociale) , quale sia la meta e quale sia la parola del padre

 

Mentre indosso la mascherina e tengo le opportune distanze (perché credo sia giusto e necessario!) mentre cammino in mezzo ad altre persone, più o meno diffidenti, più o meno prese dallo scoprire i volti agli altri, penso se proprio le regole di prevenzione siano per alcuni nuovi totem, collettivi, protettivi dall’’ambivalente, clandestino  (e incestuoso?) desiderio di contatto, di ammiccamento, conferma, giudizio, esclusività/esclusione, riparo…E se nel “periodo dell’impossibilità dell’essere come prima” (il lockdown), sia risuonata nelle verità private di qualcuno, la spinta a non fermarsi al proprio riflesso *... 

E quindi? Sarà poi tutto come prima? Siamo tutti come prima o no?  Come ci torneremo a stringere la mano? Che forme stanno prendendo i confini tra di noi, e in noi?...

* “Quello che scorgi non è che il fantasma di una figura riflessa: nulla ha di suo, con te venne e con te rimane, con te se ne andrebbe, se ad andare tu riuscissi”. (Narciso, Le Metamorfosi, Ovidio).

Scrivi commento

Commenti: 0